giovedì 3 novembre 2011

CONVEGNO REGIONALE DI CASERTA DEL 19/10/2011. Relazione del Console regionale – consigliere nazionale, dott. Salvatore Marotta.



ETICA  E  MORALE  DEL  LAVORO NELLO  SCENARIO  POLITICO  ATTUALE

               Nella mia veste di Console Regionale dei Maestri del Lavoro, ringrazio tutti gli intervenuti a questa manifestazione sia per l’impegno personale che è stato ad essa dedicato dagli organizzatori sia al contributo dei relatori  delle tematiche che verranno via via illustrate nel corso della giornata.
              Ringrazio, altresì, i Maestri ed i simpatizzanti presenti,  numerosi,  pur considerando che il giorno scelto per la trattazione di questo tema così importante non è favorevole ad una partecipazione massiccia.
Il fulcro centrale della odierna manifestazione è quello dell’etica e della morale nella società italiana con particolare riguardo a quella del mondo del lavoro nella scena politica attuale.
Riprendendo, quindi, un discorso incominciato qualche tempo fa sull’etica in generale e sull’etica del lavoro in particolare, mi preme sottolineare che l’argomento in discussione oggi ha una valenza fondamentale per lo sviluppo di una società responsabile, una  società cosciente delle problematiche che la mancanza di un valore etico di fondo comporta nei confronti delle generazioni presenti e future e sulla stessa funzione della vita relazionale tra gli esseri umani.
La mancanza di un senso etico e di una morale che faccia da guida alle attività umane porterà inevitabilmente ad una corruzione di ogni attività e inevitabilmente  alla dissoluzione della intera società umana.
La Costituzione italiana inizia con la frase: “ L’Italia è una repubblica democratica che è fondata sul lavoro.“
        Secondo il filosofo Noberto Bobbio, la costituzione italiana sottolinea che non si tratti di quello che il cittadino ha, ma di quello che fa.
Quindi, il lavoro acquisisce ed ha un significato centrale.
Ma cosa succede, se una repubblica fondata sul lavoro, non può più offrire posti di lavoro?
Se il lavoro si esaurisce, la repubblica perde il suo punto di riferimento centrale?
A queste fondamentali domande si dovrebbe trovare il modo di rispondere in maniera adeguata e convinta e spero che i relatori possano illuminarci in proposito.
Venendo al tema specifico di questo incontro che è l’ ETICA DEL LAVORO mi preme sottolineare solo qualche  concetto che pongo all’attenzione dei relatori e degli intervenuti.
Il primo motivo di riflessione è il duplice aspetto che il concetto di etica assume  a seconda che ci si riferisca all'attività imprenditoriale o alla prestazione del singolo lavoratore.
Per l’imprenditore, a prima vista si potrebbe sostenere che il comportamento etico corrisponda al rispetto delle regole,  poste dalla società e dal mercato,  alla base dello svolgimento della sua attività economica.
Questo però rischia di confondere l'etica con la morale.
Infatti, una delle domande più frequenti quando si parla di etica è quale sia la differenza tra etica e morale.
Innanzitutto bisogna dire che i due termini possono essere usati come sinonimi come fa la maggior parte della gente.
Tuttavia i due termini sono normalmente usati con accezioni diverse, intendendo per "etica" lo studio filosofico universale del bene e del male, mentre per “morale  si intende l'insieme delle regole e delle consuetudini sociali legate ad una certa tradizione culturale o gruppo sociale.
In tal modo, "etica" ha un livello di astrazione più alto rispetto a "morale".
L'etica, quindi, attiene al momento di individuazione dei principi a cui la specie umana dovrebbe conformarsi generali ed universali.
Il rispetto delle regole poi riguarda esclusivamente l'onestà dell'imprenditore e quindi la sua morale o il suo timore delle sanzioni previste dalla legge in caso di trasgressione.
       Siccome l’imprenditore ha come meta fondamentale  il profitto che è elemento essenziale e necessario per lo stimolo e la successiva crescita dell'attività economica è necessario che esso venga tenuto nella debita considerazione nella fase di definizione delle regole.
              Si pone allora una profonda riflessione sul rapporto fra etica e profitto.
              Senza la garanzia della possibilità di ottenere il profitto, il sistema economico, nella società attuale, sarebbe assolutamente improduttivo e quindi inutile.
Tuttavia, in un sistema eticamente valido, la tutela della possibilità di profitto deve essere finalizzata, non solo verso l'arricchimento individuale, bensì verso l'accrescimento economico e sociale della collettività.
Risulta evidente, dunque, come  le regole poste per la conduzione dell'attività economica,  debbano garantire all'impresa la possibilità di profitto.
Pertanto non risultano validi i sistemi in cui una pressione fiscale e contributiva eccessiva mortifichi la produzione oppure i sistemi in cui le dinamiche contrattuali non siano effettivamente calibrate sulle possibilità di guadagno delle aziende.
D'altra parte non possono essere considerati eticamente validi i sistemi in cui all'aumentare del profitto di impresa non corrisponda un aumento, anche parziale, della ricchezza collettiva, sia in termini economici che sociali.
Dal punto di vista del lavoratore il ragionamento sull'etica deve essere inquadrato in una diversa prospettiva.
L' etica per il lavoratore assume  valenza solo in relazione ad una effettiva applicazione dei principi etici al funzionamento del sistema d'impresa e non già alla applicazione delle regole.
Nel caso dunque che il comportamento dell’impresa non è etico la prestazione lavorativa potrà essere incentivata quasi  esclusivamente attraverso mezzi economici perché l’aumento del profitto non produce aumento della ricchezza collettiva e quindi il lavoratore troverà stimoli solo nell’aumento della sua ricchezza.
La discussione sull'etica nel lavoro,  pur potendo sembrare a prima vista quasi un esercizio teorico, risulta essere di cogente attualità, in quanto solo una riflessione seria sulle regole poste alla base del  funzionamento del sistema, può portare a dei processi di miglioramento dei rapporti fra impresa,  lavoratori e collettività.
In questi ultimi anni è palese la crisi di un sistema che ha confuso la  crescita finanziaria con lo sviluppo economico disinteressandosi del mondo del lavoro vero.
La nostra economia occidentale è in crisi e, se il modello attuale non troverà una soluzione alternativa, la povertà, che ora incomincia ad affacciarsi, sarà una realtà destabilizzante.
            La situazione socio economica del nostro Paese sta mutando insieme a quella del Pianeta.
L’Italia, da meta di un paese ricco per masse disperate di povera gente di altre latitudini, sta diventando una nazione relativamente povera.
In questa sfrenata corsa al benessere i lavoratori stanno progressivamente perdendo anche loro, spinti dalla necessità e dalla cultura imperante, la componente etica insita nel lavoro.
Purtroppo anche la classe politica ha smarrito non solo la componente etica ma anche la componente morale.
E, sempre più spesso si sente parlare di una "questione morale" della classe politica.
              La morale che in stretto  rapporto con l'etica dovrebbe guidare i comportamenti di coloro che ricoprono ruoli di responsabilità.
Ma cos'è in realtà questa "questione morale"? Ed a quale morale dovrebbe far riferimento?
              Ed anche a queste domande spero che i relatori possano fornirci  qualche lume.
             Che vi debba essere un'etica a regolare i comportamenti dei politici è una necessità di cui un paese civile non può fare a meno.
Ma l’etica dei politici dovrebbe essere assoluta o di tipo professionale?
L'etica "professionale" di una classe dirigente è quella di guidare il paese verso una naturale evoluzione che miri a rendere migliori le condizioni di vita di tutti i cittadini.
Ma è difficile pensare che questo si possa ottenere "moralizzando" la classe politica.
L'etica professionale del politico deve essere sempre in qualche modo un'etica responsabile, cioè un'etica che tiene conto di quali saranno le conseguenze di ciò che fa.
Mentre per l'etica assoluta il bene scaturisce solo dal bene, per l'etica  responsabile a volte il bene può derivare anche dal male.
Molto ci sarebbe da dire sulla  attuale condizione morale dei nostri politici ma ce ne asteniamo per  pudore non senza un amaro senso di frustrazione
Mi piace concludere richiamando a me stesso ed a tutti voi il pensiero e le parole del nostro Presidente della Repubblica il quale ha più volte sollecitato tutte le forze politiche a comportamenti più etici nella speranza che il loro agire possa contribuire al benessere dell’Italia intera.
Il forte richiamo del Presidente a tutti i cittadini che ha ricordato che la politica è un patrimonio di tutti e quindi tutti si devono rendere conto che la loro presa di coscienza e di consapevolezza costituisce un forte contributo a riappropriarsi della vera democrazia.


        Caserta  19/10/2011   
                                                                                                                       
Salvatore Marotta

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