sabato 5 novembre 2011

Il vecchio e la vita

Era una giornata bellissima, aria pulita, sole splendente e caldo insopportabile.
Il vecchio rientrò a casa, molto tempo dopo la Messa domenicale; era stanco, molto stanco.
In casa, al fresco della penombra, si abbandonò nella sua poltrona preferita per riprendere le sue scarse forze. Ma tutto rivelava in lui una certa soddisfazione: gli occhi luminosi, il volto sorridente erano quelli di un uomo felice.
Il figlio in attesa, preoccupato, sentendolo rientrare, entrò nella stanza e, rimproverandolo con dolcezza, gli domandò se non ci tenesse alla sua vita.
 Il vecchio restò pensieroso perchè non aveva compreso a quale vita si riferisse il figlio. Era appena tornato dalla Casa Famiglia che ospitava un suo amico d'infanzia. L'amico era vedovo, senzatetto e soffriva di una grave forma di polimialgia reumatica che lo costringeva a muoversi su una sedia a rotelle. I suoi due figli lo avevano sistemato nella Casa Famiglia per vivere la loro vita in paesi lontani.
Il vecchio andava ogni domenica a trovare il suo amico. Prima le visite erano quasi quotidiane, poi, col passare del tempo, con l'avanzare dell'età erano erano diventate sempre meno frequenti. Ora restava solo un appuntamento settimanale programmato, desiderato e atteso da entrambi.
Il vecchio, durante questi incontri, mentre spingeva la sedia a rotelle dell'amico, per la passeggiata nel parco dell'ospizio, o quando erano seduti su una panchina, gli leggeva il giornale, lo informava delle cose di tutti i giorni, gli parlava dei conoscenti comuni. Insieme ricordavano le marachelle della fanciullezza, gli amori giovanili, gli scherzi all'università, le mortificazioni del servizio militare e tante vicissitudini che rappresentavano la struttura di una vita gioiosa, spensierata e piena di speranza.
Già, la speranza! Era la cosa più bella che il vecchio riusciva a trasmettere all'amico.
Si poteva dire che la vita era il principale argomento delle loro conversazioni. Per tutta la settimana l'amico attendeva l'incontro che per qualche ora lo faceva rivivere, non tanto per le cose che si dicevano ma per come le dicevano. Sapeva di trovare nel vecchio un cuore sensibile alle cose che desiderava, capace di capire ciò di cui aveva bisogno e tutto gli veniva offerto, non come ad un escluso ma, da uomo a uomo, membro dell'umanità, uguale in dignità a ogni altro uomo.
Egli percepiva l'amicizia, l'affetto, il calore e la premura del vecchio e, di questo incontro, egli serbava il ricordo che gli dava il coraggio e la forza di vivere per un'altra settimana.
Anche il vecchio percepiva queste cose, si rendeva conto che lui, per l'amico, rappresentava la vita. Era consapevole e felice che, alla sua età, possedeva ancora qualcosa da poter donare per la felicità degli altri. Era una sensazione straordinaria, appagante, una condizione di vita che lo ripagava ampiamente dell'impegno profuso. La buona salute era soltanto una condizione necessaria per potere esprimere la vita che era in lui.
Ora il vecchio poteva rispondere al figlio: si, egli ci teneva alla vita, anche molto. Ma lui pensava alla vita a cui si riferiva Gesù Cristo quando diceva che non esiste amore più grande di chi dà la propria vita per gli amici.
Il vecchio questa vita la possedeva. In abbondanza. E avrebbe continuato a custodirla fino a quando sarebbe stato in grado di donarla.
                                                                                                    (Giovanni Adamo, maestro del lavoro)

Dal settimanale  Il ponte  di Avellino   il 29/10/2011

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